È la più antica opera teatrale che ci è pervenuta ed è l’unica del teatro greco ad avere argomento non mitico ma storico. Narra infatti della battaglia di Salamina (480 a.C.), tra Greci e Persiani, a cui l’autore stesso aveva partecipato. La scena si svolge a Susa, la residenza del re di Persia, dove la regina Atossa, madre del regnante Serse, attende con ansia l’esito della battaglia, narrando di aver fatto un sogno premonitore che le annunciava la sconfitta.
Il Coro, costituito dai vecchi persiani rimasti in città durante la guerra, manifesta il sentire del popolo. Non appena Atossa ha finito di raccontare il suo presagio nefasto, giunge un messaggero ad annunciare la totale disfatta dei Persiani. Serse, però, è ancora vivo. La regina si ritira in preghiera ed il Coro evoca l’ombra di Dario, padre di Serse e suo predecessore al trono. Il vecchio re assegna la colpa della disfatta al figlio, ritenuto troppo incauto. Egli aveva infatti costruito un ponte di barche per attraversare le acque, cercando di costruire terra sull’acqua e sfidando così i limiti imposti dagli dei. La troppa ambizione e la superbia (hybris) del re avrebbero fatto infuriare le divinità e questa sarebbe stata la causa dell’esito negativo.
La tragedia si conclude con il congedo di Dario che invita i suoi a godere della vita anche nel dolore e il ritorno di Serse.
Note di regia
Scrisse Pavese: “… anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare che l’ha sparso. Guardare certi morti è umiliante (…) al posto del morto potremmo essere noi: non ci sarebbe differenza, e se viviamo lo dobbiamo al cadavere imbrattato.
Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione”. Questo pensiero è stato la guida che ha condotto il lavoro su I Persiani: mettersi dalla parte del vinto, di colui che non avrebbe avuto voce nella narrazione, collocarlo sul palco e porre il vincitore del conflitto seduto nella parte assegnata al pubblico.
Eschilo ci parla per la prima volta dello scontro tra Asia e Europa, tra dittatura e democrazia, ci parla del mancato rispetto della natura e della potenza dell’intelletto che vince sulla forza bruta. Sono tematiche drammaturgicamente dirompenti ed emozionanti che si presentano a noi con sconcertante modernità. Per questo si è voluto mantenere un’impostazione atemporale per costumi,recitazione e scelta musicale. Così pure lo studio scenografico di Luigi Ciucci ha permesso di mantenere alcuni elementi tipici della tragedia greca riportando, nel contempo, l’idea della tridimensionalità, elemento questo, che contraddistingue il teatro del Novecento.
L’intento di avvicinare al nostro quotidiano un mondo tanto lontano, ci induce a riflettere, ad interrogarci sui mali che ancora albergano nell’animo umano.
Antonio Sterpi
Personaggi e Interpreti
Corifeo……………..Alessio Orpianesi
Coreuta 1……………..Lucia De luca
Coreuta 2…………….. Ena Giuggioloni
Atossa…………….. Rita Trobbiani
Messaggero…………….. Antonio Sterpi
Dario…………….. Giuseppe Faggiolati
Serse…………….. Antonio Sterpi
Scenografia Luigi Ciucci
realizzata da CHIEDISCENA di Filippo Iezzi
Costumi ideati e realizzati dagli Studenti dell’Accademia Belle Arti di Macerata, coordinati dalla docente Roberta Fratini
Musiche originali Samuele Dutto
Luci e Audio AUDIO SERVICE, Gianluca e Mattia Marziali