L’uomo, la bestia e la virtù

IMG_3034Siamo di fronte a una delle classiche tragicomiche commedie pirandelliane, scritta e rappresentata nel 1919, nella quale appare, forse in maniera più evidente che nelle altre, il connubio tra la tinta volutamente farsesca della vicenda e l’umorismo espresso dai suoi personaggi. Il titolo dato all’opera presenta, di primo acchito, le maschere appartenenti al professor Paolino (l’uomo) in costante conflitto tra ciò che vorrebbe essere e che non è, al capitano Perella (la bestia) che dietro la sua aggressività nasconde un animo schietto ed ingenuo e a sua moglie (la virtù) la quale, apparentemente irreprensibile, cela un essere fondamentalmente disonesto. Ognuno di questi personaggi avrebbe potuto vivere con accettata ipocrisia la propria esistenza, fatta di ostentato perbenismo, irascibilità feroce ed incontrollata, schivo nonché pudico e virtuoso atteggiamento, se il destino non avesse voluto soffiare sul “castello di carta”, da loro stessi eretto, rivoluzionando uno schema di vita apparentemente consolidato.
Difatti, il professor Paolino e la signora Perella (ignorata da tempo immemore dal marito) avrebbero potuto continuare ad essere amanti se, a rompere le uova nel paniere, non fosse intervenuta una gravidanza inattesa. Come fare allora per uscire da questa imbarazzante situazione? L’unico rimedio possibile escogitato è fare in modo che tra i coniugi Perella ci sia un rapporto sessuale che possa giustificare una futura nascita. Il professor Paolino si farà preparare un afrodisiaco da far assumere al capitano, a sua insaputa, in modo tale da fargli vincere la sua cronica avversione nei confronti della moglie. L’evolversi dei fatti sarà tale da portare il professore, credendo fallito il piano, a scaricare tutta la sua rabbia in un grottesco battibecco col capitano. Sarà la signora Perella a sistemare il tutto riportando la serenità tra i protagonisti della storia e restituendo a ciascuno il suo proprio ruolo sociale.

ridotta

L’illustrazione del volantino a cura di Luciano Esposto

Nella messa in scena dell’opera ho voluto, chiedo venia ai “puristi”, adattare il testo dandogli una connotazione temporale che si pone tra gli anni ’50 e ’60 provando a snellirlo e nel contempo a vestirlo di una forma linguistica più consona all’epoca. Ho provveduto inoltre ad effettuare qualche variazione sui personaggi, a ridurre a due atti lo svolgersi dell’azione e a fare a meno di alcune figure che ho ritenuto non essere determinanti. Una cosa credo in cuor mio di aver mantenuta intatta: il rispetto dovuto all’autore.

Personaggi e interpreti14
Testo14